Terapie sistemiche
La terapia sistemica consiste nell’uso di trattamenti che si diffondono in tutto il corpo per uccidere le cellule tumorali ovunque si trovino.
Prima d’iniziare qualunque trattamento, è fondamentale indagare insieme ai propri medici curanti l’eventuale disponibilità sul territorio nazionale di studi clinici con farmaci innovativi a cui si possa eventualmente aderire (previa visita per una valutazione clinica con i medici del Centro che gestisce lo studio).
Prima d’iniziare il trattamento, è importante discutere con i propri medici curanti di come tutelare e preservare la propria fertilità.

Chemioterapia
Il termine chemioterapia indica qualunque cura costituita da sostanze di origine chimica.
La chemioterapia agisce uccidendo le cellule durante il loro processo di riproduzione (replicazione) e, per questa sua caratteristica, è anche detta terapia citotossica (capace di impedire la moltiplicazione delle cellule o di ucciderle) o antiblastica (che inibisce la crescita dei tumori). Tuttavia, la chemioterapia colpisce anche alcune cellule sane dell’organismo che si replicano rapidamente, ad esempio quelle dei follicoli piliferi, dell’intestino e del midollo osseo, causando possibili effetti collaterali.
I farmaci chemioterapici possono essere impiegati da soli o in combinazione tra loro.
Per approfondire questi argomenti

La chemioterapia per il timoma
Nel timoma con malattia operabile (resecabile)
Nei pazienti con timoma resecabile non è indicato un trattamento chemioterapico a scopo neoadiuvante (volto a ridurre la massa prima dell’intervento).
Un trattamento chemioterapico post-chirurgico può essere preso in considerazione nel caso di un intervento chirurgico con resezione R1 (residuo di malattia microscopico) o R2 (residuo di malattia macroscopico) e diagnosi di timoma B3.
Nel timoma con malattia localmente avanzata non operabile (non resecabile)
Nei casi di timoma considerati non immediatamente operabili, è indicato un trattamento di induzione chemioterapico, allo scopo di ridurre la massa del tumore e renderlo così operabile, o un trattamento radioterapico definitivo in caso di tumore non operabile.
Il trattamento chemioterapico di induzione, suggerito nel timoma localmente avanzato non operabile, prevede la combinazione di doxorubicina (adriamicina), cisplatino e ciclofosfamide (regime CAP).
Nei pazienti che non possono sottoporsi a un trattamento chemioterapico contenente antracicline, la terapia suggerita prevede l’utilizzo di cisplatino ed etoposide, o carboplatino e taxolo.
La chemioterapia prevede un massimo di 4-6 cicli, ed è necessario un controllo radiologico per valutare la risposta alla terapia dopo i primi 2-3 cicli di trattamento.
Nel timoma metastatico
Nei pazienti con malattia metastatica confinata alla pleura e/o al pericardio operabile, è consigliato un trattamento chemioterapico multimodale, ovvero che preveda successivamente un trattamento chirurgico e/o radioterapico.
Nei pazienti con malattia metastatica non operabile, o non adatti a un trattamento locale (radioterapia), è indicato un trattamento chemioterapico a scopo palliativo, ovvero di controllo del tumore.
Il trattamento chemioterapico suggerito prevede l’utilizzo di doxorubicina, cisplatino e ciclofosfamide (regime CAP).
Nei pazienti non adatti a un trattamento chemioterapico con antracicline, si possono prendere in considerazione trattamenti alternativi con cisplatino ed etoposide. o carboplatino e taxolo.
Altri trattamenti chemioterapici raccomandati prevedono l’utilizzo di gemcitabina e capecitabina, monochemioterapia con paclitaxel, pemetrexed, ifosfamide ed etoposide, oppure gemcitabina o 5-fluorouracile.
La chemioterapia
per il carcinoma timico
Nel carcinoma timico con malattia operabile (resecabile)
Nei pazienti con malattia operabile (resecabile) in stadio I e II non è indicato un trattamento chemioterapico a scopo neoadiuvante (ovvero effettuato prima dell’intervento chirurgico).
Un trattamento chemioterapico post-chirurgico deve essere preso in considerazione in caso di intervento chirurgico non radicale di tipo R1 o R2.
Nel carcinoma timico con malattia localmente avanzata non operabile (non resecabile)
Nei pazienti con malattia localmente avanzata non operabile è indicato un trattamento chemioterapico iniziale, seguito da un successivo trattamento chirurgico e radioterapico nel caso il tumore diventi operabile; in caso contrario si effettuerà un trattamento radioterapico definitivo oppure un trattamento chemio-radioterapico.
Il trattamento chemioterapico iniziale suggerito prevede la combinazione di carboplatino e taxolo. Questo tipo di trattamento prevede un massimo di 4-6 cicli, ed è necessario un controllo radiologico per valutare la risposta alla terapia dopo i primi 2-3 cicli di trattamento.
Nel carcinoma timico metastatico
Nei pazienti con malattia metastatica, è indicato un trattamento chemioterapico a scopo palliativo.
Sulla base del migliore rapporto attività/tolleranza, il trattamento suggerito prevede una polichemioterapia con carboplatino e paclitaxel. Questo tipo di trattamento prevede un massimo di 6 cicli.
Nei pazienti non adatti a un trattamento con taxani, può essere preso in considerazione un trattamento chemioterapico alternativo, che prevede la combinazione di cisplatino ed etoposide.
La terapia con sunitinib è attualmente il trattamento (rimborso secondo le modalità previste dalla legge 648/1996) con la più alta percentuale di risposte riportata in pazienti sottoposti in precedenza a una chemioterapia contente sali di platino. Rappresenta perciò il trattamento migliore in questo contesto (vedere la sezione dedicata alle target therapy).
Ulteriori trattamenti che possono essere presi in considerazione prevedono la combinazione di gemcitabina e capecitabina, antraciclina associata o meno a ciclofosfamide, oppure monochemioterapia con pemetrexed, ifosfamide, etoposide, paclitaxel o 5-fluorouracile.
Effetti collaterali della chemioterapia
I diversi farmaci chemioterapici hanno un livello di tossicità differente. Alcuni sono associati a tossicità particolari (es. per il paclitaxel parestesie, ossia formicolii a mani e piedi; per il cisplatino danno renale e ipoacusia, ossia riduzione dell’udito; per l’adriamicina alopecia, ossia caduta dei capelli).
In generale, gli effetti collaterali più frequenti consistono in:




Più raramente compaiono:




Questi effetti collaterali sono estremamente soggettivi e variano da paziente a paziente. Gli effetti collaterali possono avere una gravità e un’intensità molto variabili, da lievi e compatibili con una vita quotidiana regolare, a più marcati che prevedono quindi l’assunzione di farmaci specifici o, più raramente, il ricovero in ospedale.
In genere, i medici che prescrivono una chemioterapia forniscono anche le indicazioni su come gestire a casa gli effetti collaterali più frequenti.
A volte effetti collaterali particolarmente fastidiosi o persistenti possono causare sia un ritardo nella somministrazione del successivo ciclo di chemioterapia, sia una riduzione dei dosaggi di alcuni farmaci. Raramente è necessaria un’interruzione definitiva o una modifica dei farmaci chemioterapici somministrati.
Gli effetti collaterali della chemioterapia sono generalmente temporanei: in genere compaiono nei giorni immediatamente successivi al trattamento e tendono a regredire progressivamente nel giro di qualche giorno.
Gli effetti collaterali permanenti sono rari e il rischio che si manifestino è più elevato con alcuni tipi di farmaci. Un esempio importante è la riduzione della fertilità che può insorgere dopo trattamento con determinati farmaci chemioterapici. Questo argomento andrebbe sempre discusso con i propri oncologi curanti prima di avviare un trattamento chemioterapico se si è in età fertile e si desideri avere figli. La chemioterapia può avere effetti dannosi molto gravi sul feto, in caso di concepimento o gravidanza durante il trattamento. Per questo è essenziale discutere con il proprio oncologo quali metodi anticoncezionali utilizzare durante la chemioterapia (se si è in età fertile) e dichiarare subito, prima di iniziare un eventuale trattamento, un possibile stato di gravidanza.
Target Therapy / Le terapie a
bersaglio molecolare
Le terapie a bersaglio molecolare sfruttano specifiche caratteristiche di un tumore per rallentarne o arrestarne la crescita. La crescita del tumore è regolata da particolari molecole che si trovano in maggior numero nelle cellule tumorali rispetto a quelle sane. Dalla loro conoscenza deriva la messa a punto di strategie per bloccarne l’attività. Rispetto alla chemioterapia, le terapie target colpiscono in maniera più mirata una molecola o un processo specifico delle cellule tumorali.
I farmaci che si sono dimostrati più efficaci nei tumori del timo sono gli antiangiogenici. Questa classe di farmaci agisce arrestando la crescita di nuovi vasi sanguigni all’interno della massa tumorale, stimolata dal tumore stesso per sostenere la propria crescita.
Sunitinib
L’unica terapia target attualmente disponibile per il trattamento dei tumori del timo è il sunitinib. Si tratta di un farmaco in compresse che si assume per bocca e arresta la crescita del tumore inibendo lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni. Il farmaco è attualmente disponibile per i pazienti affetti da tumore del timo (timoma e carcinoma timico) che abbiano ricevuto come primo trattamento una chemioterapia contenente un sale di platino. Studi clinici hanno evidenziato come sunitinib abbia una maggiore efficacia nei carcinomi timici rispetto ai timomi.
Studi clinici più recenti hanno dimostrato l’efficacia anti-tumorale di altri farmaci target con meccanismo d’azione analogo a quello del sunitinib. Questi farmaci target possono essere usati da soli (everolimus, lenvatinib), o associati alla chemioterapia (ramucirumab) oppure all’immunoterapia (axitinib). Sebbene promettenti, questi farmaci non possono ancora essere utilizzati.
Imatinib
Una piccola percentuale di carcinomi timici mostra particolari mutazioni del gene c-KIT, che stimola la proliferazione cellulare. Questi tumori possono essere sensibili a una terapia con farmaci target che inibiscono in modo mirato questo gene come imatinib.
La mutazione di c-KIT andrebbe ricercata nelle cellule tumorali dei pazienti affetti da carcinoma timico e che abbiano ricevuto almeno un primo trattamento chemioterapico. In questi casi, imatinib può essere somministrato come farmaco off-label (ossia al di fuori delle indicazioni per cui è approvato).
Effetti collaterali dei farmaci target
Al pari della chemioterapia, anche i farmaci target possono causare effetti collaterali. Questi effetti sono variabili e dipendono dalla modalità di azione dei farmaci stessi, che possono interferire anche con i meccanismi essenziali al funzionamento delle cellule sane.
In particolare, il sunitinib può causare effetti collaterali quali:







La comparsa di questi effetti collaterali è assolutamente soggettiva.
È bene segnalare al proprio oncologo la comparsa di qualunque nuovo sintomo durante il trattamento, per poter trattare in modo tempestivo ed efficace un’eventuale tossicità.
Di solito gli effetti collaterali sono gestibili con una terapia di supporto che si può assumere a casa.
In alcuni casi è necessario sospendere temporaneamente il farmaco per consentire al corpo di recuperare, oppure ridurne la dose o cambiarne la modalità di assunzione (il numero di giorni consecutivi per cui deve essere assunto prima di fare una pausa).
Raramente gli effetti collaterali sono così gravi da rendere necessaria l’interruzione definitiva del farmaco.
Immunoterapia nel timoma
e nel carcinoma timico
L’immunoterapia serve a potenziare la risposta da parte delle cellule che si occupano della difesa del nostro organismo.
L’immunoterapia sfrutta la capacità da parte del sistema immunitario di riconoscere e attaccare gli agenti esterni, come il cancro. Le cellule tumorali sviluppano dei sistemi che le rendono in grado di sfuggire alla risposta immunitaria dell’organismo, che di solito è in grado di identificare ed eliminare le cellule con caratteristiche anomale. L’immunoterapia mira proprio a potenziare l’attività del sistema immunitario, aiutandolo a riconoscere e uccidere le cellule tumorali nonostante i meccanismi di difesa che queste mettono in atto.
Immunoterapia nel timoma A-B2
Attualmente non è indicata la sperimentazione di farmaci immunoterapici nei timomi a causa della presenza di sindromi paraneoplastiche, spesso di tipo autoimmune. Infatti, le sperimentazioni cliniche con immunoterapici, condotte in passato nei pazienti con timoma, hanno evidenziato un alto rischio di eventi avversi quali miocarditi ed epatiti (pembrolizumab) e più in generale un’elevata tossicità (nivolumab).
Immunoterapia nel timoma B3 e nel carcinoma timico
L’immunoterapia è in corso di sperimentazione nei timomi B3 e nei carcinomi timici già trattati con altre terapie. Da questi studi sono emersi risultati promettenti in termini di efficacia, sebbene gli effetti collaterali non siano trascurabili, ma più accettabili rispetto a quelli emersi per i timomi. Il farmaco finora più studiato in questo contesto è il pembrolizumab.
Attualmente l’immunoterapia è disponibile solo nell’ambito degli studi clinici.
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Follow-up per timoma
e carcinoma timico
Dopo un trattamento curativo, il paziente viene considerato guarito. Tuttavia, come tutte le neoplasie maligne, anche i timomi e i carcinomi timici possono ripresentarsi in forma di recidiva locale (ovvero ricomparsa del tumore nella zona del timo) oppure come metastasi a distanza (ricomparsa del tumore in una parte del corpo lontana dal timo).
Il paziente dovrà pertanto seguire un programma di controlli (follow-up) negli anni successivi al trattamento, sia per escludere una recidiva di malattia sia per monitorare e correggere eventuali effetti collaterali causati dal trattamento.
Il programma di follow-up prevede:
Tomografia computerizzata (TC) del torace dopo circa 3-4 mesi dall’intervento chirurgico, indipendentemente dallo stadio e dalla neoplasia timica asportata
TC del torace una volta l’anno per i primi 5 anni e successivamente ogni 2 anni per i pazienti affetti da timoma in stadio I-II radicalmente operati (può essere valutata un’intensificazione nei primi 2 anni con TC semestrale)
TC semestrale per i primi due anni e poi annuale per i pazienti affetti da timoma in stadio III-IV, in tutti i pazienti con carcinoma timico, in tutti i casi di chirurgia non radicale
In alcuni casi il medico curante può ritenere opportuno aumentare il numero dei controlli.
Il follow-up dovrebbe durare almeno dai 10 ai 15 anni in base al giudizio del medico curante che opera in un Centro con esperienza in questo tipo di patologie. Il protrarsi dei controlli è dettato dal fatto che le recidive dei tumori del timo possono presentarsi anche dopo molti anni dalla diagnosi e dal trattamento iniziali. Per i timomi, soprattutto, è utile monitorare nel tempo l’insorgere di possibili patologie autoimmuni, che possono manifestarsi anche a distanza di anni dall’esordio del tumore, oppure possono attenuarsi o aggravarsi.
Il rischio di recidiva è maggiore negli anni immediatamente successivi all’intervento.
L’Associazione TUTOR è grata e ringrazia per la revisione e verifica dei testi: Dott.ssa Giulia Galli, oncologa; Dott. Davide Franceschini, radioterapista; Prof. Lorenzo Rosso, chirurgo toracico e Dott.ssa Veronica Rossi, fisioterapista.